Assegno divorzile: «La solidarietà post coniugale, presupposto dell’assegno divorzile, si fonda sui principi di autodeterminazione e autoresponsabilità. Pertanto, l’ex coniuge è chiamato a valorizzare con una condotta attiva tutte le sue potenzialità professionali e reddituali, piuttosto che tenere un comportamento de-responsabilizzante, limitandosi ad aspettare opportunità di lavoro e gravando sul coniuge più abbiente» (Cass. Civ., Ord., 13 febbraio 2020, n. 3661).
Assegno divorzile ridotto se la ex moglie non si cerca un lavoro attivamente.
Il richiamo alla rivoluzionaria sentenza delle Sezioni Unite, n. 18287/2018, è imprescindibile. Quest’ultima ha riconosciuto all’assegno divorzile, in applicazione del principio di solidarietà post coniugale, una funzione di natura composita: assistenziale, perequativa e compensativa.
Ne discende che oggi l’assegno divorzile non ha lo scopo di consentire all’ex coniuge di mantenere lo stesso tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. Piuttosto il giudice, nello stabilire la misura deve dell’assegno, deve verificare se lo squilibrio economico tra le parti sia il risultato del contributo fornito dal richiedente alla gestione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascuno degli ex coniugi, con sacrificio delle proprie aspettative professionali. Deve altresì tener conto dell’età dello stesso e della durata del matrimonio.
Inoltre, il riconoscimento dell’assegno divorzile richiede anche l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive.
Quindi, ai fini della corresponsione, rileva la capacità dell’ex coniuge di provvedere al proprio sostentamento. Dunque, la Corte chiarisce che l’ex coniuge è tenuto a valorizzare le proprie potenzialità lavorative e professionali. Non è tollerabile la condotta di chi si limiti ad attendere opportunità di lavoro, riversando sul coniuge più abbiente l’esito della fine della vita matrimoniale.
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La Cassazione con la pronuncia in commento non solo sottolinea il superamento dell’obsoleto criterio del “tenore di vita”, ma muove una forte critica alla condotta “attendista” dell’ex coniuge che, adagiandosi sull’assegno di divorzio, si limiti ad aspettare passivamente eventuali opportunità di lavoro.
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